Incamminandoci verso il suo quartier generale scrutiamo una torre, probabilmente un vecchio molino con una terrazza di vetro a strapiombo sul golfo di Napoli.
Una volta all'interno, il maître ci fa accomodare e subito dopo ci invita ad entrare in cucina dove il padrone di casa ci fa due domande e ci chiede cosa volessimo mangiare.
Finalmente ho l’onore di stringere la mano allo chef campano pluristellato.
Le solite domande di cortesia: Da dove venite? Perché? e soprattutto ci chiede se fossimo chef… si riconoscono subito le brutte facce tra di loro.
Con il suo taccuino avant-garde prende appunti e ci fa accomodare.
Comincia con 2 “amouse bouche”, forse 3, tutti composti da frutti e pescato di stagione.
Nel frattempo entra un colorato artigiano del posto e propone una treccia di bufala ancora calda. Lo chef, guardandosi attorno, decide di condividerla con tutti gli ospiti in sala: un’esperienza sensoriale unica.
Il primo starter ci lascia senza parole: ci siamo chiesti come una persona apparentemente grande e grossa e poco formale potesse racchiudere in un solo piatto tutta l’eleganza di una ballerina di danza classica, la freschezza del ghiaccio e i disegni di un artista che dipinge su una tela di cristallo.
Ma non ci facciamo ammaliare dal sole e dal mare che scorgevano dal finestrone e aspettiamo che Gennaro (già siamo entrati in confidenza) continuasse il suo percorso con l’anguilla laccata ed un seabass cotto a puntino.
I primi? Il suo cavallo di battaglia. La semplicità che sposa la tradizione ed il gusto più estremo.
Merito anche alle materie prime locali.
La minestra di pasta (piatto rappresentativo dello chef), ravioli di gamberi e cavolfiori con una crema di patate sotto cenere come vuole la tradizione partenopea, un risotto alla triglia marinata allo zenzero e zest di limone di Sorrento.
L'anguilla laccata.
Passiamo subito ai dolci.
Una creme brulee ai frutti rossi e un tiramisù al mascarpone di bufala.
A fine pranzo lo chef si accomoda al nostro tavolo e ci accompagna a visitare la cantina nel sotterraneo della torre ed essa stessa.
Praticamente ci porta a casa sua, parliamo della dura ma interessante vita dietro i fornelli, del capodanno passato e ma mai festeggiato, della passione per la musica che ci accomuna e accende per noi un impianto stereo con un amplificatore valvolare unico al mondo.
Non contento ci regala un box con delle conserve in cui erano racchiuse diverse varietà di pomodori homemade fatte dallo chef in persona.
Che dire, ora capisco perché la loro proverbiale ospitalità è riconosciuta tale in ogni parte del mondo. Gennarino Esposito, Il migliore di tutti.
Guido Liberti, chef